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Testo di VALENTINA GIULI Sicilia, sole, mare, vino e cibo. Il Pellegrino Cooking Festival, gara culinaria giunta alla sua quinta edizione, ha messo insieme tutte le voci del made in Italy. Dal 19 al 21 settembre alcuni dei migliori cuochi italiani e stranieri sono sbarcati -letteralmente- a Marsala per la due giorni di alta cucina. Tema centrale "la cucina italiana come cucina nazionale", in grado di valorizzare la cultura del cibo e dei prodotti made in Italy e regionali superando però i localismi. Lo spunto del tema è stata la presentazione del "decalogo" e del "manifesto della cucina italiana" dell'esperto culinario Martino Ragusa: un vademecum per ricordare che la cucina italiana non ha bisogno di contaminazioni estere né di essere "ridotta" ad happy hour per avere successo, ma solo di ritornare alle sue origini. Le due serate, che hanno messo a dura prova stomaci e palati, sono state organizzate nelle torri delle cantine Pellegrino di Marsala, l'azienda vinicola di più grande della Sicilia, famosa per il suo Marsala e che ha da poco acquisito una cantina di Pantelleria. Così i piatti, i cui chef hanno sapientemente combinato sapori e odori del Sud e del Nord Italia, sono stati innaffiati da abbondante vino, dallo Chardonnay Dinari del Duca del Duca di Castelmonte che ha accompagnato i "paccheri del Regno delle Due Sicilie", al Tripudium bianco del Duca di Castelmonte che ha innaffiato i "gamberoni a spasso per l'Italia". Ogni piatto ha saputo legare prodotti italiani doc in un'unica armonia di sapori, rischiando, come è successo in un paio di casi, che l'esperimento fallisse. Così la polentina si è sposata con il gamberone e la sella del maialino con i capperi di Pantelleria. Tra i dieci cuochi non solo italiani di tutta la penisola ma anche un giapponese, un norvegese e un inglese. La gara culinaria è stata l'occasione per conoscere uno dei luoghi più incredibili ma al tempo stesso meno conosciuti della Trinacria: l'isola di Mozia, la prima colonia fenicia. 2,5 chilometri di circonferenza, è situata proprio di fronte a Marsala nella laguna dello Stagnone, collegata alla terraferma da quella che potrebbe essere la prima autostrada della storia, con tanto di doppia carreggiata e guard-rail (oggi visibile solo dall'alto o durante la bassa marea). Un piccolo paradiso terrestre -oggetto di guerre e assalti- dove oggi vive solo il custode del museo della Fondazione Giuseppe Whitaker. Il nome appartiene all'inglese che per primo cominciò a scavare nell'isola sentendo odore di storia. Oggi il museo ospita centinaia di resti, tra cui la statua del Giovanetto di Mozia rinvenuta nel 1979 e risalente al 470 circa a.C. Una scoperta, quella dell'isola, che vale il viaggio. Anche per i patiti del kite surf. Per sapere come arrivarci: http://www.mozialine.com/
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