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Testo di GIUSEPPE BARRO Venezia non è una ragazzina è una signora, una grande signora, affascinante, di gran classe. Poterla ammirare è un privilegio. Nobile, di una bellezza rara. Non veste abiti firmati creati in Italia e manufatti chissà dove. E' l'aspirazione suprema per una persona intelligente e raffinata . Venezia, La Serenissima.
Scendiamo dal treno regionale delle ore 9,45 che da San Donà di Piave ci ha portati alla stazione ferroviaria di Venezia Santa Lucia. Un percorso in treno di circa 50 chilometri, attraverso la campagna veneta che si offre al viaggiatore con un panorama che evoca inequivocabilmente storie di impegno e ingegno umano nella cura e nella dedizione alla terra. La stazione, opera dell'architetto razionalista Angiolo Mazzoni, è degradata. Così come lo erano i finestrini sporchi del treno regionale che, attraversato il Ponte della libertà, congiunge Venezia alla terra ferma. Attraversiamo la stazione. Siamo accecati dalla luce, ci ritroviamo in un mondo magico: l'estremità occidentale del Canal Grande,palazzi, chiese, gente, gondole. Non ci siamo prefissati un itinerario, ma una meta: un'osteria a Sant'Elena. C'ero stato alcuni anni fà e avevo mangiato alla veneziana con i veneziani. Baccalà, seppie in umido con il nero di seppia, polenta e vino bianco. Prendiamo con euro 6,50 un vaporetto, la linea 1. Il vaporetto percorre tutto il Canal Grande sino al Lido. Le fiancate esterne sono leggermente arrugginite e quando l'imbarcazione si allontana dalla banchina si ode un rumore di ingranaggi poco rassicurante. Ma pare funzionare. Siamo pigiati, osservo i turisti, guardano le meraviglie che scorrono sotto i loro occhi. Si viaggia quasi a filo acqua. Passiamo rasenti una nobile sagoma nera, una scultura galleggiante, una gondola. Leggo: "La gondola è asimmetrica, dato che il lato sinistro è più largo di quello destro di 24 cm e, quindi, naviga sempre inclinata su un fianco". Ha il fondo piatto che le consente di navigare anche su fondali con pochi centimetri di acqua; i "pettini" anteriori rappresentino i sei sestieri in cui è divisa la città e quello posteriore l'isola della Giudecca; la doppia curvatura a "S" dovrebbe simulare l'andamento del Canal Grande e la lunetta, posta sotto uno stilizzato corno ducale, il ponte di Rialto. Non si usa più il "felze", la copertura della gondola, che le regalava l'aspetto e la funzione della carrozza, offrendo riparo alle intemperie ed agli sguardi indiscreti." I turisti non sono più nobili, l'atteggiamento moderno é molto diverso, vogliono vedere e farsi vedere e quindi le "felze" sono sparite. Scendiamo al pontile dopo quello di piazza San Marco. Ci avviamo a piedi verso l'isola di Sant'Elena. Ci allontaniamo dalla ressa delle calli centrali,dai negozi bellissimi, dalle bancarelle dai mercati di frutta e verdura dai troppi extracomunitari che vendono copie di grandi stilisti. Si ha l'impressione che tutto questo ha il segno di una nobiltà decaduta. Splendidi palazzi, capolavori, chiese, tradizione millenaria ma.. manca il Doge mancano i grandi Ammiragli i grandi Musicisti i grandi Pittori. I grandi Veneziani.
Passeggiamo lungo Riva degli Schiavoni, notiamo i pescatori di seppie, proseguiamo lungo il Sestiere Castello, Riva San Biagio, Riva dei 7 Martiri, entriamo nei giardini pubblici proseguiamo in Viale Vittorio Veneto, passiamo davanti alla Biennale, attraversiamo il ponticello che ci porta all'isola di Sant'Elena: tutto ha un aspetto dismesso, mi viene in mente uno dei splendidi proverbi veneziani: "No xe tuto oro quel che luse".
Arrivati a Sant'Elena, ritrovo "l'Osteria Sant'Elena" che fa "cusìna venesiana". Ordiniamo: "Baccalà, Sépe nere in técia, puenta e un gòto de bianco". Siamo soddisfatti, sentiamo "ciacolàr" e ci ritroviamo in quella atmosfera veneziana che cercavamo: sobria, gentile, educata, ma allegra. Ci ricorda una musica veneziana di Tomaso Giovanni Albinoni che si definiva "Musico di violino dilettante veneto" nato e vissuto a Venezia tra il 1600 e il 1700, figlio di una facoltosa famiglia veneziana di mercanti di carta.
Arriva l'ora del rientro, riprendiamo il vaporetto che ci riporta alla stazione di Santa Lucia, percorriamo il Canal Grande: "Venezia bela fabricà sul mar, chi no la pol vedar no la pol stimar".
Giuseppe Barro |